"Problemi"
n. 106 - settembre 1996
pp.

La mia sociologia della letteratura

 

 

 

Ricordo l'ambivalenza del risentimento politico e sociale che durante la mia adolescenza e prima giovinezza si trasformava, con l'ermetismo, in impegno creativo lirico. L'approdo alla liricità della poesia era nella critica il culmine: poteva esservi poesia che non fosse un po' magismo, incanto, armonia, trasfigurazione, nota musicale, oltrerealismo, supermercato del dato sensuale, «circulata melodia» ecc.?
Non era possibile, e allora la dimensione letteraria alta non consentiva vero impegno umano. Si aveva un bel dire che l'impegno vero era la parola, la letteratura, che la moralità era nell'impegno letterario. Si poteva costruire qualcosa quando veniva specificata la natura o specificato il fine dell'impegno letterario. Con fili sottili ricordo che riuscivamo a collegarci tra noi coloro che avevamo un sentire antifascista, ma essere culturalmente antifascisti era la cosa più naturale del mondo di allora, tanta era la rozzezza intellettuale, mentale, morale del fascismo italiano degli anni Trenta.
Ma il fascismo era un immenso crostaceo dal quale non era facile uscire; il linguaggio idealistico-nazionalistico pervadeva ogni aspetto della vita. Si opponeva al fascismo, in quegli anni, Croce che fu per molti "crociani" — tutti di diversa natura — un faro di luce ma la magia della "poesia", l'incanto musicale, l'armonia della vita poetica ci pareva cosa da salotto letterario borghese che disprezzava ipocritamente la non-poesia: il linguaggio dell'idealismo crociano e della filosofia dello spirito diventavano nuvolaglie che planavano sulla vita di tutti i giorni, non si contaminavano con il gioire e il patire degli uomini, dei violenti che facevano guerra atroce ai più deboli e ai più civili. Ciò non impediva però che tra le schiere crociane ci fossero grandi personaggi con profonde radici nell'endiadi morale di giustizia e libertà, nel concetto di uguaglianza.
Perciò, perché si avesse consapevolezza anche di una moderna sociologia della letteratura è stato necessario che la dottrina crociana della poesia come assoluto venisse fortemente contestata, vinta, compisse il suo lungo ciclo che era il travestimento di altri idealismi del passato; era necessario che nella polemica scendessero i valori della storia e del marxismo perché la sociologia avesse un ruolo quale investigatrice dei fatti, non fosse la predica morale che spesso era stata nel tardo Ottocento, studiasse con le sue specialità le civiltà, i fenomeni del reale da cui derivano spiegazioni, ipotesi, leggi, costanti, ecc.
(segue)...